Epifania: manifestazione del Signore,i Magi guidati da una stella.
Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità,la password di questa settimana è Epifania. Un vecchio detto dice: “Epifania tutte le feste porta via”. Ed è proprio vero che la festa dell’Epifania segna il termine, nella mentalità comune, delle feste natalizie. Ma che cosa significa la parola Epifania? E perché i cristiani il sei gennaio di ogni anno celebrano la festa dell’Epifania del Signore? La parola Epifania deriva dal tardo latino epiphanīa, che a sua volta traduce il greco έπιφάνεια e significa “manifestazione”. La parola, infatti, richiama il verbo greco φανεο che letteralmente significa “apparire”. Con questo termine i cristiani indicano la manifestazione del Signore, della sua divinità, ai popoli pagani simboleggiati dai tre magi che si misero in cammino dall’oriente per adorare il Messia nato a Betlemme guidati da una stella. Mentre i pastori che si recano alla grotta, su invito dell’angelo, simboleggiano il popolo giudeo, chiamato per primo ad accogliere la luce del Salvatore, i Magi, simboleggiano i popoli pagani, che con la ragione, scrutando l’universo, cercavano Dio e anelavano alla pienezza della verità. Ma chi erano i Magi? L’evangelista Matteo che ci riporta l’episodio del loro arrivo a Betlemme, non ci dice molto circa la loro identità, l’unica cosa che ci fa sapere e che provengono dall’oriente. Dunque chi erano? Membri della casta sacerdotale, nota con quel nome, nel regno dei Medi e che durante la conquista persiana abbracciarono la dottrina di Zarathustra, secondo le informazioni che ci fornisce lo storico greco Erodoto? Oppure sapienti babilonesi, dediti allo studio dell’astronomia e dell’astrologia, come sembra più probabile da tutto il contesto del racconto? Non abbiamo notizie certissime, ma ciò importa poco, perché all’evangelista Matteo che ci narra la loro venuta, interessa soprattutto proporceli come “modelli” da seguire. Infatti, mentre i vicini (gli ebrei del tempo di Gesù, a parte i pastori) ignorano il Figlio di Dio venuto nel mondo, addirittura tentano di ucciderlo (come il Re Erode), i lontani, ossia, i pagani (simboleggiati dai Magi), lo cercano, lo riconoscono, pur sotto il segno della povertà e della umiltà: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (Mt 2,11-12). Papa Benedetto XVI ci ha fornito una descrizione bellissima di questi tre uomini in un omelia tenuta il 06 gennaio 2013 a San Pietro: “Gli uomini che allora partirono verso l’ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere cose,volevano soprattutto sapere la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esisteva, dove e come Egli era. Se Egli si curava di noi e come noi potevamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano cercatori di Dio”.I magi, dunque, cari lettori e lettrici, sono il simbolo di tutti coloro che interiormente e onestamente cercano Dio nella loro vita e anelano a possederlo. Forse lo cercano inconsapevolmente, non dicono in modo esplicito: “sto cercando Dio”, ma cercano nella quotidianità, verità, giustizia, pace, riconciliazione con se stessi e con gli altri, una vita migliore, felicità, ecc.; dietro tutte queste aspirazioni di bene, senza rendersene conto, cercano Dio che è la Verità, la Giustizia, la Pace, la Riconciliazione, la Vita vera, la Felicità perenne.Viene in mente il cammino compiuto da tanti uomini e donne che nella storia hanno cercato tutto questo e lo hanno trovato in Dio. Penso a Sant’Agostino, uomo dal cuore inquieto, lontano dal Signore per tanto tempo, che dopo essersi riavvicinato al Cristianesimo, nelle confessioni scrive: “Ci hai creati per Te oh Dio, e il nostro cuore è inquieto fin quando non riposa in Te”; oppure più vicino al nostro secolo, penso a Edith Stein, filosofa ebrea, convertitasi al cattolicesimo, che scrive nelle sue memorie biografiche: “per molto tempo la mia unica preghiera è stata la mia ricerca della verità”, o ancora ad un altro grande filosofo italiano, Michele Federico Sciacca, amico di Giovanni Gentile, ateo, che dopo un lungo cammino sofferto e travagliato, ritrova la bellezza della fede cristiana. Sciacca racconta nella sua autobiografia – quasi ironia della sorte – che fu proprio dopo un libro ricevuto da Gentile (un’opera di Antonio Rosmini, filosofo e teologo cattolico allora messo all’indice dalla Chiesa, ma oggi riabilitato) che incominciò il suo pellegrinaggio interiore alla ricerca della verità, e dunque, di Dio.Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, voglio dedicare l’articolo di questa settimana sia ai credenti che ai non credenti. I magi possano essere per noi modello di ricerca della verità. Per chi crede affinché non si accomodi e si intiepidisca nel cammino, ma con rinnovato slancio possa cercare sempre Colui che è la Via, la Verità e la Vita. Per chi non crede, affinché sappia che tutte le aspirazioni di bene che sente nel proprio cuore, possono trovare una soddisfazione piena in Dio. Quelle aspirazioni di bene, infatti, non sono altro che un riflesso di quella pienezza che è Dio stesso. Ma, soprattutto, possano comprendere che prima della loro ricerca, del loro desiderio di bene, delle loro aspirazioni, Dio stesso li sta cercando, desidera incontrarli e li ama con infinito amore e misericordia. Questo significa, infatti, quel bambino – il Figlio di Dio – nato a Betlemme duemila anni fa. Un Dio che si avvicina all’uomo, lo cerca, si fa come lui, per riscattarlo, amarlo e salvarlo.