Credere: cordare… dare il cuore a Dio.
Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità,la password che vi consegno questa settimana è Credere. Una parola che, nonostante i tempi attuali non siano proprio favorevoli alla fede, ancora è presente sulle labbra di molti. Mi capita, infatti, di incontrare persone credenti e praticanti, o anche persone che pur non riconoscendosi in un’istituzione religiosa dichiarano di credere in qualcuno, pensano che al di sopra delle nostre teste, qualcuno con la “Q” maiuscola ci sarà, come anche persone che sono alla ricerca della fede sinceramente, ma ancora non sono riuscite a trovarla. Ci chiediamo allora: che cos’è la fede? Cosa significa credere oggi? Secondo una suggestiva, anche se fantasiosa, etimologia medievale, credere deriverebbe dal latino cor-dare, cioè, dare il cuore, rimetterlo incondizionatamente nelle mani di un Altro. Credere, dunque, significa donare il cuore ad un «Tu», cioè Dio; affidarsi fiduciosamente a questo «Tu». Una delle immagini più belle che la Sacra Scrittura ci consegna come icona della fiducia è quella del bimbo che sta sereno in braccio alla madre: «Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come bimbo svezzato è l’anima mia» (Sal. 131). La fede, dunque, non è un semplice assenso intellettuale dell’uomo a delle verità particolari su Dio; è un atto con cui mi affido liberamente a un Dio che è Padre – Madre e mi ama; è adesione a un «Tu» che mi dona speranza e fiducia. Un grande filosofo, Soren Kierkegaard, grande filosofo cristiano, ha scritto che: «credere significa stare sull’orlo dell’abisso oscuro, e udire una voce che grida: Géttati, ti prenderò fra le mie braccia» (Diario I, 3).Se è vero che credere significa affidarsi a Dio, consegnare il proprio cuore a Lui, è contemporaneamente vero che il nostro Dio non è un Dio ignoto, enigmatico, che non si fa conoscere. Al contrario il Dio cristiano è un Dio che si rivela, si manifesta, che dialoga con l’uomo, che entra in alleanza con lui. Tutta la Sacra Scrittura ci narra il dialogo che Dio ha instaurato con gli uomini, da Abramo in poi, fino a consegnarci la parola definitiva ed eterna: Cristo Gesù, nella quale ci ha detto tutto. Scrive l’autore della lettera agli ebrei: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo». (Eb 1,1-2). «Siamo consapevoli che Dio stesso si è mostrato a noi in Cristo, ha fatto vedere il suo volto e si è fatto realmente vicino a ciascuno di noi. Anzi, Dio ha rivelato che il suo amore verso l’uomo, verso ciascuno di noi», così scriveva Papa Benedetto XVI in una delle sue catechesi tenute durante il suo pontificato. Credere, pertanto, vuol dire anche dare l’assenso della propria intelligenza e della propria volontà ad alcune verità particolari su Dio, le cosiddette verità di fede, che la chiesa ci insegna a credere. Una sintesi delle principali verità della nostra fede è il Credo che noi recitiamo tutte le domeniche durante la S. Messa. Esso rappresenta il compendio della nostra fede. Ma chiediamoci: da dove attinge l’uomo quell’apertura del cuore e della mente per credere nel Dio che si è reso visibile in Gesù Cristo morto e risorto, per accogliere la sua salvezza, così che Lui e il suo Vangelo siano la guida e la luce dell’esistenza? Risposta: noi possiamo credere in Dio perché Egli si avvicina a noi e ci tocca, perché lo Spirito Santo, dono del Risorto, ci rende capaci di accogliere il Dio vivente. La fede allora è anzitutto un dono soprannaturale, un dono di Dio. La fede allora è anzitutto un dono soprannaturale, un dono di Dio. Il Concilio Vaticano II afferma: «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e sono necessari gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”» (Cost. dogm. Dei Verbum, 5). La fede è dono di Dio, ma è anche atto profondamente libero e umano. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice con chiarezza: «È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo» (n. 154). Anzi, le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti. Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, concludo questa riflessione sulla fede augurando a ciascuno di voi che questo tempo di Quaresima possa essere un tempo in cui rinvigorire o riscoprire o trovare il dono della fede. Chi già crede che possa credere ancora di più, chi si è allontanato che possa ritornare a credere e chi ancora cerca che possa trovare, nella consapevolezza che Dio sta cercando, da sempre, ciascuno di noi per incontrarci e donarci il suo amore.