Elemosina: gesto di amore e attenzione a chi è nel bisogno.

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, la password di questa settimana è elemosina. Insieme al digiuno e alla preghiera, l’elemosina costituisce il terzo strumento per vivere una Quaresima in pienezza. Nella Bibbia viene dato grande rilievo a questa pratica, infatti,  troviamo scritto: «l’elemosina libera dalla morte» (Tb 4,10), «chi ha pietà del povero fa un prestito al Signore» (Pr 19,17) e ancora «chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode» (Sir 35,4). Ma che cos’è l’elemosina? Appena sentiamo pronunciare questa parola subito ci viene in mente l’immagine di una persona che da qualche moneta ad un povero o al massimo le offerte che diamo in chiesa per il sostegno di opere caritatevoli. Anche se si consulta un’enciclopedia o un dizionario si trova lo stesso significato. Ad esempio nell’enciclopedia Treccani alla voce elemosina si legge: “elemosina significa quello che si dà alle persone bisognose, secondo il precetto cristiano della carità oppure l’offerta che si fa in chiesa o agli ordini mendicanti” (Elemosina in Enciclopedia Treccani on-line). In realtà la parola elemosina indica qualcosa di ben più profondo che il dare semplicemente una moneta o qualcosa a chi è bisognoso e povero, o sostenere opere caritatevoli.Il vero significato di questa parola lo ha indicato Papa Francesco durante un’udienza del mercoledì di due anni fa. Dice, infatti, il Papa: “Non dobbiamo identificare […] l’elemosina con la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri poveri. Insomma, l’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto. Fare l’elemosina deve anche, essere per noi una cosa che sia pure un sacrificio. Io ricordo una mamma: aveva tre figli, di sei, cinque e tre anni più o meno. E sempre insegnava ai figli che si doveva dare l’elemosina a quelle persone che la chiedevano. Erano a pranzo, ognuno stava mangiando un filetto alla milanese, come si dice nella mia terra, ‘impanato’. E bussano alla porta, il più grande va ad aprirla e viene dalla mamma: ‘Mamma, c’è un povero che chiede da mangiare, cosa facciamo?’. ‘Ma gli diamo – i tre – gli diamo?’. ‘Bene, prendi la metà del tuo filetto, tu prendi l’altra metà, tu l’altra metà, e ne facciamo due panini’. ‘Ah no, mamma!’. ‘Ah, no? Tu dà del tuo. Tu dai quello che ti costa’. Questo è il coinvolgersi con il povero. Io mi privo di qualcosa di mio per dartela a te. E ai genitori, attenti: educate i vostri figli a dare così l’elemosina, a essere generosi con quello che hanno”. (udienza del 09/04/2016).Anche molti santi raccomandavano la pratica dell’elemosina, come mezzo per crescere nella vita spirituale e nella fede. Così San Giovanni Bosco diceva: “Se vogliamo far prosperare i nostri interessi spirituali e materiali, procuriamo anzitutto di far prosperare gli interessi di Dio; e promuoviamo il bene spirituale e morale del nostro prossimo col mezzo dell’elemosina.” e San Rabano Mauro ricordava ai chierici con forza: «Fa elemosina chi riconduce l’errante sulla via della verità; fa elemosina chi istruisce l’ignorante, chi annuncia la parola di Dio ai suoi vicini; fa elemosina chi non cessa di condividere i propri beni materiali con i propri fratelli, cioè con gli altri uomini; fa elemosina chi offre cibo e vesti ai bisognosi, li ospita, visita gli infermi, sostiene con i propri beni i carcerati e i tribolati, e non manca di liberare i condannati a morte e ai supplizi. Infatti tutte le opere buone che ogni giusto compie in questa vita possono essere comprese con questo unico nome». (San Rabano Mauro, La formazione dei chierici 2,28). Uno degli esempi più noti di elemosina nella vita dei santi è quello del grande San Martino. Secondo la tradizione San Martino, Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, quando era ancora un soldato, con i suoi uomini si recò ad Amiens e qui incontrò un povero. Senza pensarci, egli tagliò con la spada il proprio mantello e lo offrì al mendicante; immediatamente il sole si alzò in cielo e la temperatura si scaldò. La notte stessa, Martino ebbe una visione: Gesù gli fece visita e gli riportò il pezzo mancante del suo mantello. Al risveglio, il mantello era nuovamente intatto; a seguito di questo episodio, Martino decise di farsi battezzare e poi di lasciare l’esercito romano.Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, il tempo di Quaresima è un tempo propizio per esercitare l’elemosina. Esistono miriadi di modi per viverla. Sta a noi aprire il cuore e vedere nei luoghi in cui viviamo come poterla praticare. Auguro a ciascuno di voi di sperimentare la gioia che l’elemosina porta con sé, ovvero, la gioia di chi non vive chiuso e ripiegato in se stesso, ma apre il cuore a chi è più nel bisogno.