Il parere del consigliere Quarto sul reddito di cittadinanza.
“La compagine governativa cambia il suo binomio cromatico, oggi parliamo di coalizione giallorossa, ma le perplessità sulla struttura e sulle finalità del reddito di cittadina rimangono immutate”. Ad affermarlo il consigliere regionale di “Basilicata positiva” Piergiorgio Quarto che aggiunge: “A Napoli 303.000 persone, per lo più giovani, hanno presentato domanda per partecipare al cd ‘concorsone’, per accedere a poche centinaia di posti nella pubblica amministrazione. Obiettivo unico, per tanti un miraggio: il posto fisso. I candidati esprimono la chiara manifestazione, desiderio non celato di volere trovare lavoro nei luoghi di origine, per continuare a vivere con la propria famiglia e quindi lì dove si è nati, condividere il quotidiano, gli affetti e le amicizie di sempre. Nel contempo – continua – gli organi di stampa pubblicano la notizia ‘da oggi i navigator lucani sono al lavoro’, si tratta di trentuno neo-assunti, ai quali va il sincero augurio di buon lavoro, che hanno il non facile compito di delineare un percorso risolutivo al problema lavorativo di ben 11.000 beneficiari del reddito di cittadinanza in Basilicata. Tanti candidati al concorso, ma parimenti tanti beneficiari del reddito di cittadinanza. Riflessione immediata ma sincera, il reddito di cittadinanza non suscita fiducia, rappresenta uno strumento di natura prettamente assistenziale, non in grado di avviare un programma serio di politica economica con l’obiettivo di creare lavoro stabile nel lungo periodo. La misura adottata dal Consiglio dei ministri lo scorso 17 gennaio, sponsorizzata dai Cinque stelle come l’unico vero strumento alternativo nel mondo del lavoro in grado di ‘uscire dal buio’ del dramma occupazionale, si propone di integrare il reddito di un nucleo familiare per portarlo almeno al livello di povertà relativa. Siamo al cospetto – dice Quarto – senza ombra di dubbio di un integratore sociale di valenza esclusivamente economica che non può sopperire in alcun modo alle inefficienze strutturali della realtà lavorativa italiana. Una sorta di toccasana momentaneo, una boccata d’ossigeno che per il 2019 prevede uno stanziamento di 7 miliardi che diventano 8 nel 2020. Obiettivamente siamo molto lontani dall’idea di un piano occupazionale su vasta scala in grado almeno nelle regioni meridionali di porre un argine al disastro della mancanza di lavoro che ha come protagonisti indiscussi giovani laureati in cerca di un primo impiego. I centri per l’impiego poi, non hanno in questi anni assolto al meglio al loro compito principale di aggregare in maniera produttiva domanda e offerta di lavoro, raggiungendo risultati miseri e insignificanti in termini numerici di soggetti validamente collocati. Oggi il cambio di marcia, in termini di risultati dovrebbe provenire dai navigator, giovani, essi stessi in cerca di sistemazione definitiva che per quanto riguarda la Basilicata corrispondono al numero di 31. Hanno il non facile compito di ascoltare, seguire, formare e collocare al lavoro circa 400 lavoratori a testa, impresa destinata a fallire in partenza. Tutti concordi poi – aggiunge – nel prendere atto che creare le condizioni per offrire tre offerte di lavoro nell’arco di 18 mesi come previsto dalla disciplina del reddito di cittadinanza in regioni come quelle meridionali dove il lavoro rappresenta una chimera, costituisce un progetto irrealizzabile. Occorreva a tempo debito, un potenziamento reale dei centri per l’impiego anche e soprattutto in termini di ‘infrastrutture fisiche e tecnologiche’. Si è spesso parlato attraverso l’Anpal della creazione di piattaforme telematiche in grado in tempi rapidi di gestire un numero enorme di cifre, ma ad oggi non esiste ancora la loro piena funzionalità. L’intero sistema rivela nel suo complesso ancora la presenza di molte lacune a livello operativo, necessita perciò l’impiego di ulteriori numerose risorse umane per garantire una funzionalità seppur limitata all’intero apparato realizzato. Gli stessi progetti di pubblica utilità di matrice comunale – ancora Quarto – sono ancora in alto mare, non esistono quindi ad oggi sbocchi lavorativi programmati degni di tal nome. Il provvedimento quindi rimane fermo alla sua natura assistenziale, un rimedio contro la lotta alla povertà, all’indigenza, di natura transitoria, lontano dal collocarsi come intervento efficace di politica attiva del lavoro. Rimangono ancora molti i perchè che contribuiscono a non valutare positivamente il reddito di cittadinanza anche alla luce dei costi sostenuti. A mio parere – conclude Quarto – occorreva avviare invece a parità di costi, politiche strutturali con investimenti pubblici, con l’inserimento di nuove forze lavorative nel settore della pubblica amministrazione in grado di sopperire alla mancanza del turn over generazionale degli ultimi anni e dei tanti pensionamenti determinati dall’introduzione della quota 100. Una soluzione questa necessaria per continuare a dare qualità ai servizi offerti alla collettività”.