Malafemmena, il libro di Costantino Dilillo sulla violenza di genere.

S’intitola “Malafemmena” il libro fresco di stampa di Costantino Dilillo dedicato al tema della violenza di genere riscontrabile nelle canzoni italiane di ieri e di oggi. Pubblicato dalla casa editrice Edigrafema, nella collana di saggistica dieroFont, l’opera contiene in appendice i contributi della psicoterapeuta Patrizia De Luca e della sociologa Maria Bubbico.

“Diventare quel che sei”, dice Mogol; “Oggi so chi sei”, dice Adamo; “Se non sapessi chi sei”, dice Gino Paoli. Il pregiudizio sulla donna attende solo un grano di dubbio per emergere e travolgere tutto ciò che di intimo e di umano esiste in una persona cui, tante volte, viene negata ogni individualità possibile al di fuori dell’adesione allo schema dell’angelo del focolare, senza storia né vita.

I canti popolari, le canzoni d’autore e poi le canzonette commerciali sono pur sempre specchio della mentalità corrente. Anzi, la chiave del loro successo sta proprio nell’aderenza del ritmo e dei contenuti del testo alle istanze culturali del momento. Per Dilillo, dunque, non c’è da stupirsi se il pregiudizio verso la donna, la necessaria sua sottomissione alla volontà dell’uomo, la correntezza della doppia morale che vige nella vita reale siano temi ben presenti in molte canzoni italiane.

Rammentarne qualcuna fra quelle più note del secolo passato e alcune dei giorni nostri può essere utile a comprendere quanto abituale e diffuso e socialmente accettato sia, appunto, il pregiudizio verso le donne, la discriminazione, la segregazione, il proibizionismo erotico e sentimentale che viene loro imposto dalle convenzioni. E come spesso, accanto all’esclusione da quelli civili, sussista anche la negazione di diritti umani, abitualmente riconosciuti invece ai maschi.

Le legislazioni, durante il secolo scorso, hanno riconosciuto alle donne molti dei diritti sino ad allora negati, diritti politici e civili di indubbio valore: ma la parità dei sessi – emerge nel volume – non potrà manifestarsi pienamente e rimarrà una frase vuota, come sostiene Wilhelm Reich ne ‘La Rivoluzione sessuale’, sino a quando non cambieranno la condizione sociale delle donne, la mentalità corrente, la cultura popolare, il comune sentire. La cultura di un popolo trova espressione non solamente nell’arte dotta ma anche, e molto diffusamente, in quella che è stata definita la ‘cultura di massa’.