L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE BARDI NEL CONSIGLIO REGIONALE DI OGGI.

“Oggi è in discussione una mozione su cui immagino si aprirà un dibattito cui volentieri assisterò. Mi preme solo dire due cose prima dell’illustrazione e della discussione. Un contributo istituzionale che spero possa fornire ulteriori valutazioni sul tema. Come ho avuto modo di dire qualche settimana fa in questa aula, massima espressione democratica del nostro territorio, “chi riveste incarichi istituzionali ha il dovere di non scadere mai”. Ricordo di nuovo l’art. 54 della nostra Costituzione, su cui ho giurato, che recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Vale per tutti, me in primis. Tutti noi che rivestiamo incarichi pubblici abbiamo il dovere di essere esempio. Chiunque ha un ruolo pubblico ha il dovere di essere esempio”. Lo ha affermato il Presidente della regione Basilicata, Vito Bardi, nel corso del Consiglio regionale di oggi.

“Nel caso di specie – ha sottolineato Bardi – mi preme ricordare che la stragrande maggioranza dei lucani vuole una classe dirigente che sia all’altezza dei compiti e dei ruoli. Essere classe dirigente non comporta solo onori, ma è soprattutto un onere, da sopportare con fatica, dedizione ed esempio. A volte anche con rinunce. Rinunciare, per esempio, alle proprie idee politiche quando si hanno incarichi gestionali in un ente pubblico, perché si ha il dovere di esercitarlo secondo criteri di imparzialità, efficienza ed efficacia. Chi vuole fare politica, faccia politica. Chi ha incarichi nella pubblica amministrazione, non deve fare politica. È una distinzione banale, ma è necessaria sottolinearla. Lo ribadisco perché viviamo in una Regione dove – soprattutto in passato – sono entrati nella macchina amministrativa, soprattutto a livello apicale, chi aveva nel CV una precedente esperienza politica. Il che non è un male di per sé, ma presuppone la necessità di spogliarsi del vecchio abito e di indossarne uno nuovo. E non sempre questo è accaduto”.

“Dopo due anni e mezzo – ha continuato il Presidente della Regione Basilicata – avrete imparato il mio stile – magari potrà non piacervi – ma è questo. Per cui non apprezzo un utilizzo partigiano delle istituzioni, di qualunque parte sia. Vale per i direttori generali e anche per gli organi di questo consiglio regionale. L’imparzialità è un valore che non rimosso. E poi non mi piace la sovraesposizione mediatica, non mi piace la politicizzazione esasperata, non apprezzo chi distoglie tempo all’azione amministrativa per fare politica, non apprezzo un utilizzo disinvolto dei social media da parte chi riveste incarichi pubblici. E lo dico con un valore generale. Sottolineo quanto ho appena detto con un’impostazione di assoluta generalità, perché non mi piace la doppia morale. In questa Aula non ho “agitato” una fantomatica “questione morale” – come ha erroneamente detto qualcuno – perché non è il mio linguaggio, non è la mia cultura, non è la mia idea politica. Sono un moderato, un liberale, un cattolico e la “questione morale” appartiene ad altre ere e a una cultura di impronta giacobina che non mi appartiene. E tra l’altro non credo che chi la agiti abbia – per storia e fatti di cronaca – la credibilità per brandirla”.

“Ho invece evidenziato – ha ribadito Bardi – con forza la necessità di una etica ed estetica pubblica che presuppone un dovere attivo da parte di chi riveste incarichi istituzionali. Il senso del dovere, lo spirito di missione, il sano atteggiamento da servitore dello Stato che troppo spesso manca, in Basilicata e non solo. Non mi piace la “questione morale” perché di solito è una clava strumentalmente utilizzata contro il nemico e soprattutto perché la “questione morale” da sempre ne presuppone due. Una morale per i nemici e una morale per gli amici. È la doppia morale, un vizio duro a morire. Perché mi sarei aspettato il medesimo rigore dimostrato oggi, al punto da presentare una mozione di censura, non solo contro il “nemico” di turno, ma anche contro i tanti che svolgono il proprio ruolo non sempre con imparzialità, efficienza ed efficacia. Ma se sono stati nominati dagli “amici”, magari sono parenti o appartengono alla corrente politica “giusta”, hanno l’immunità. È la doppia morale”.

“Non mi riferisco certo – ha evidenziato il Presidente – alla vicenda recente, che ha visto coinvolta la sorella del Segretario regionale della CGIL, che lavora in ARPAB. Proprio alla CGIL rinnovo la mia vicinanza anche in quest’Aula, dopo averlo già fatto nella sede di Potenza, per la vergognosa aggressione squadrista subita a Roma. Il sindacato è un corpo intermedio necessario in ogni democrazia, anche quando fa politica e lo si usa per costruire personali carriere politiche. Il pluralismo è sempre un bene da difendere. Ma ribadisco, non possiamo accettare un atteggiamento rigoroso contro i “nemici” e accondiscendente con gli “amici”, magari nominati in fretta a furia a scadenza di un mandato – conclusosi nella maniera che conosciamo – perché bisognava occupare una casella per non lasciarla ai “nemici”. È un approccio che non mi appartiene, proprio perché per me non esistono nemici o amici, ma al massimo solo “avversari”. E quando si parla di istituzioni, la logica dell’appartenenza come unico criterio di giudizio è un fatto inaccettabile”.

“Noi dobbiamo mettere al centro del nostro agire politico – ha ribadito Bardi – solo il bene della Basilicata. Le scelte si possono sbagliare, gli uomini e le donne si possono sostituire – nessuno è indispensabile – ma quello che conta è l’animus. Se ci approcciamo alle istituzioni con la logica dell’appartenenza, non facciamo un servizio alla comunità. Mi è capitato di nominare persone con background politici lontani da questa amministrazione regionale, ma non ci ho mai visto nulla di male. Non voglio parlare di “merito”, che è un concetto difficilmente misurabile, ma di indipendenza nelle scelte e nelle valutazioni. In conclusione, voglio ribadire un concetto molto semplice: è chiaro che certi comportamenti non sono più ripetibili. E mi appello proprio a quel concetto di etica ed estetica pubblica, che ho più volte ribadito. Un valore repubblicano che deve guidare ognuno di noi. Questa mozione di censura è un legittimo atto politico che chiedo alla maggioranza di respingere proprio a causa della strumentalità che ho provato a evidenziare. Questo non vuol dire coprire errori, atteggiamenti e parole sbagliate, che non saranno più tollerate e che non dovranno più ripetersi”.

“Così come voglio ribadire che questo Consiglio regionale non può sostituirsi alle indagini della magistratura, soprattutto in assenza di evidenza pubblica dei procedimenti. La distinzione tra politica e magistratura è necessario in ambedue le direzioni. La politica non può farsi dettare tempi, scelte e modi dalla magistratura. E a volte la politica deve intervenire prima e oltre la magistratura, come pure ho dato dimostrazione di fare. Se vi saranno elementi oggettivi o ulteriori sbavature, non mi sottrarrò a decisioni severe. Noi non dobbiamo difendere le persone a prescindere.  E mi auguro che rispetto a questo principio ognuno ne tragga le dovute conseguenze. Ho comunicato il mio parere negativo su questa mozione di censura. Nel pieno rispetto dei ruoli e delle facoltà di tutti i consiglieri regionali, di maggioranza e di opposizione. Voglio infine appellarmi agli uomini e alle donne di buona volontà, donne e uomini liberi che sono in questo Consiglio regionale. Senza guardare alle appartenenze politiche, è il momento del dialogo e della concordia. Abbiamo bisogno delle proposte di ognuno di voi, che siete i legislatori della nostra Regione. Usciamo da una pandemia che ha stressato potentemente il nostro tessuto economico e sociale, ma adesso abbiamo l’opportunità storica di ricostruire, affrontando tante questioni irrisolte da decenni. Possiamo farlo solo con un atteggiamento franco ma leale tra tutti noi. La mia disponibilità nei confronti di tutti i consiglieri regionali è totale. Il lavoro da fare è enorme. Tutti noi siamo stati eletti unicamente per servire la Basilicata. Onoriamo questa missione”, ha concluso.