Ospedale San Carlo, nota di Falotico.

Cresceva Potenza, cambiava casa l’ospedale. Da Verderuolo a Santa Maria a Macchia romana per farne una città.  Lì un giardino prima di una scalinata solo per i più giovani per arrivare ad un banchetto dove c’era Pinuccio Pesarini, più famoso per essere un batterista da lunghe storie, che indicava dove andare. A Santa Maria, un poco più in là, i reparti, le camere a pagamento, le suore, i signori primari che hanno fatto scuola: Petrone, Vita, Marcucci, Pesce, Attili etc, etc. Qualcuno lì, ricordava il primo ospedale accanto alla Torre Guevara.
Poi con un triplo salto mortale a Macchia romana: padiglioni, efficienza, medici che seguivano le orme, personale sanitario all’altezza e l’orgoglio di essere del S. Carlo.
Cresceva l’ospedale, si espandeva Potenza, con lo sguardo rivolto all’intera regione.
La politica, in testa Emilio Colombo, dava un senso concreto al suo sogno realizzando un ospedale importante per come era nato, per come già stava crescendo e per la qualità dell’offerta di servizi sanitari all’avanguardia, a partire dalla Cardiochirurgia per un po’ di anni, l’unica del Mezzogiorno.
Come mai accadevano passi così importanti e positivi? Come era possibile superare ostacoli, quelli che naturalmente accadono in ogni opera e quelli imprevisti e pesanti che, all’improvviso compaiono per misurare la forza e la determinazione che ci vogliono per superarli?
All’inizio c’è sempre la fiducia.
Ferruccio De Bortoli ci ricorda che la fiducia è  “il silenzioso amalgama di ogni comunità, la ragione di fondo di ogni rapporto, familiare ed economico. Senza fiducia non si investe e si perde anche la consapevolezza e l’orgoglio di quello che si è”.
Quanto è difficile riconoscerla, misurarla, ottenerla, darla e anche averla per sé. E, tuttavia conviene sopra ogni cosa, investire su di “lei”, questo sorprendente amalgama che mette insieme persone, le più diverse, e queste con un territorio fatto delle storie di tante comunità che, ad un certo punto, decidono di operare per le stesse ragioni.
Con il San Carlo è accaduto proprio questo. Da un lato la politica fatta di persone illuminate che si sono fatte guidare dalla consapevolezza della vocazione che deve avere una città capoluogo di regione e che da qui avevano immaginato, sognato. Avevano una visione di quel che avrebbero voluto che accadesse.
Ma la politica, per quanto determinante, non basta. Ci  vogliono persone che sappiano realizzare una visione, che siano convinte che quello è lo scopo della loro vita e che per questa ragione siano pronte a dare il meglio delle loro capacità professionali. In una parola per realizzare una visione ci vuole una classe dirigente alla sua altezza.
A metterle insieme c’è per l’appunto la fiducia, la sola ricchezza capace di moltiplicare forze, passioni, entusiasmi senza le quali è impossibile che la visione si realizzi.
Che cosa bisogna fare quando il sogno si realizza?  Lavorare, dedicarsi con il massimo dell’abnegazione a conquistare la reputazione, quel patrimonio di relazioni professionali e di partecipazione emotiva che si conquista passo dopo passo e che passo dopo passo va protetto e nello stesso tempo arricchito.
Capita per tutti i patrimoni. Non devono stare mai fermi. Bisogna accrescerli pazientemente, qualche volta rischiando. Quanto più aumentano, tanto più vanno difesi e spesi bene, guardando a ciò che è possibile realizzare. Tornando al tema della reputazione, se si inizia a perdere è quasi impossibile riacquistarla o, comunque, riacquistarla costerebbe moltissimo. Non è un tema che può escludere alcuno – sia esso cittadino, professionista o dirigente del sistema sanitario, e, in modo particolare noi, la “classe politica” -. C’è qualche segnale di esistenza di persone capaci di ribaltare il sogno e rimetterlo sulla strada che conosce?  O il sogno rischia di diventare un incubo?

A nessuno venisse in mente che il mio ragionamento serva a puntare il dito verso un presente fatto di una classe dirigente istituzionale e aziendale con cui, con grande rispetto, correttezza e coerenza, andrebbe costruito, fuori dai tatticismi, un dialogo vero, atto a recuperare complessivamente una nuova visione della sanità lucana. Invece di andare a ricercare colpe sempre altrui, dovremmo adottare un sentimento di responsabilità condivisa atta a costruire una politica del fare che miri a dare risposte reali alle esigenze sanitarie che prima o poi, direttamente o indirettamente, toccano tutti.

Un esempio emblematico: riportandoci alla cronaca giornalistica delle ultime settimane, ci dobbiamo davvero chiedere se la Radioterapia rimarrà al San Carlo, dopo che con 43.000 firme raccolte dal sistema associazionistico di settore si chiese l’accelerazione dell’iter per portare il servizio nel nosocomio lucano più importante?  La risposta dovrebbe essere semplice.
Le speranze non devono svanire e la fiducia in quel che vogliamo essere dobbiamo rilanciarla come metodo di lavoro quotidiano a beneficio di tutti e non di pochi eletti.

La seduta aperta del Consiglio Comunale di Potenza del 4 ottobre può essere un inizio di una intrapresa politico-istituzionale a tutto tondo su un tema delicato, appassionante e complesso quale quello della sanità di cui il San Carlo rappresenta un punto di riferimento fondamentale per l’intera regione.