Amore: un’unica realtà in quattro sfumature.
Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, la password di questa settimana è Amore. La parola amore è una delle parole più usate ed abusate del nostro tempo. Tutti parlano di amore: il cinema, la musica, internet, la televisione, la letteratura, la psicologia, la filosofia, la teologia, ecc., tutti hanno qualcosa da dire sull’amore, tutti vogliono definire cos’è amore. Perché questo interesse intorno all’amore? Perché nelle fibre più profonde del nostro essere siamo fatti per amare ed essere amati! L’amore è, infatti, la prima e fondamentale vocazione dell’essere umano. Il cristianesimo esprime questa verità dicendo che l’essere umano è creato «ad immagine e somiglianza di Dio» (cfr. Gn 1,26), e poiché Dio, nella sua natura più profonda, nella sua essenza è amore, allora l’uomo, che porta dentro di sé l’immagine di Dio, non può non essere fatto che per amare. Nek (Filippo Neviani), cantautore italiano, ha cantato e ricordato questa verità a Sanremo tre anni fa. Nella sua canzone intitolata “Fatti avanti amore”, dice con forza: “Siamo fatti per amare, nonostante noi, siamo due braccia con un cuore, solo questo avrai da me, fatti avanti amore”. Ed è proprio vero: siamo fatti per amare e quando non amiamo e non siamo amati, sentiamo che la nostra vita è vuota e senza senso. Dicevo, però, che la parola amore, che indica la nostra prima e fondamentale vocazione, è oggi anche una parola molto abusata, perché con il termine amore si indica tutto e il contrario di tutto. C’è molta confusione e ognuno chiama amore ciò che più gli piace e gli pare. Esiste, invece, una verità dell’amore alla quale nessuno può sfuggire a meno che volontariamente non la si voglia cogliere e guardare in faccia, allo stesso modo di uno che chiude gli occhi e decide di non guardare un bellissimo tramonto che è dinanzi ai suoi occhi. Per capire qual è questa verità dell’amore, ovvero, che cosa significhi veramente amare, mi rifaccio idealmente ad un bellissimo testo di un grande letterato inglese del ‘900: Clive Staples Lewis (per intenderci l’autore del Ciclo narrativo di Narnia, che è stato portato sugli schermi cinematografici qualche anno fa). Lewis oltre ad essere un apprezzatissimo autore di racconti fantasy, è stato autore di un saggio molto interessante intitolato: “I quattro amori: affetto, amicizia, eros, carità”. In questo saggio egli analizza l’unica realtà dell’amore attraverso le quattro sfumature fondamentali che lo caratterizzano: l’affetto, l’amicizia, l’eros e la carità. Ora non voglio riportarvi ciò che lui dice nel testo (che consiglio a tutti di leggere perché è veramente un classico della letteratura straniera contemporanea!), ma idealmente mi rifaccio al titolo del suo libro per parlarvi dell’amore, che per me è una realtà unica in quattro edizioni o se volete in quattro sfumature/dimensioni. Si l’amore è una realtà unica, ma nelle relazioni che viviamo quotidianamente si differenzia. Anzitutto si manifesta come affetto. Cos’è l’affetto? È un sentimento intenso di amore verso una persona. Tale sentimento lo vedo bene incarnato nell’esempio della madre che si prende cura del proprio bambino, è il suo amore consiste in un dare, un dare – che in alcuni casi estremi – è capace di sacrificare anche la propria vita per il frutto del proprio grembo (pensiamo alle tante mamme che in situazioni estreme hanno preferito morire pur di far vivere la propria creatura), ma anche nella tenerezza, nella premura e nella custodia dei propri figli. Oppure vedo bene incarnato questo amore nella figura del padre, che manifesta tale sentimento attraverso la fermezza, la correzione, il sacrificio nel lavoro affinché ai propri figli non manchi nulla, il mettersi accanto a loro per introdurli nella grande avventura della vita, la protezione dai pericoli. Poi vi è una seconda sfumatura dell’amore: l’amicizia. E “L’amico è qualcosa che più ce n’è meglio è…” cantava Dario Bembo anni fa, dicendo una cosa verissima, ossia, che l’amicizia è fondamentale per la nostra vita. In un altro articolo vi ho già parlato dell’amicizia approfonditamente, qui voglio solo ricordarvi che l’amico/a sono essenziali per il nostro vivere quotidiano. Una persona senza amici è una persona che soffre di una terribile solitudine. La più bella descrizione dell’amicizia l’ho trovata nella Bibbia nella vicenda del Re Davide con il principe Gionata, figlio del Re Saul. Quando Gionata muore sul campo di battaglia e il re Davide viene a saperlo, questi con grande dolore e tristezza esclama: “Una grande pena ho per te, fratello mio, Giònata! Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna” (2Sam 1,26). L’amicizia vera si vede soprattutto nella prova, nel momento del dolore e del fallimento. Lì vengono alla luce coloro che sono gli amici autentici, perché ti stanno accanto, condividono il tuo dolore e le tue vicissitudini. Quando tutto va bene è troppo facile essere amici! Vi è anche una terza sfumatura dell’amore che è l’eros. Cos’è l’eros? È l’amore passionale, di desiderio e di possesso che nasce tra un uomo e una donna, tra due fidanzati, tra marito e moglie. Mi si permetta una digressione: oggi assistiamo ad una volgarizzazione dell’eros! Una delle dimensioni dell’amore più importanti che dovrebbe essere vissuto nell’intimità e nella riservatezza della coppia, viene mercificata ed utilizzata per fini commerciali o televisivi. La nostra società è erotizzata all’ennesima potenza e attua un bombardamento erotico continuo attraverso televisione, internet, cinema, musica, pubblicità, ecc. distorcendo la vera natura dell’eros e diseducandoci ad amare autenticamente. L’eros, invece, dovrebbe essere vissuto nell’intimità della coppia, nella discrezione, senza spettacolarismi! E soprattutto dovrebbe compiere un cammino, il cammino che Papa Benedetto XVI ha ben descritto nella sua prima enciclica, la Deus Caritas est, ovvero, il cammino dall’eros alla agape! Si perché Eros, secondo quanto ci dice Platone nel Fedro e nel Simposio, è figlio di poros e penia, ovvero, di indigenza e povertà. All’inizio esso, infatti, è bisogno: “ti amo perché ho bisogno di te!”, ma strada facendo deve diventare agape, ossia amore gratuito e disinteressato: “ti amo perché voglio il tuo bene, cerco il tuo bene e il tuo interesse!”. Il dramma è quando l’eros rimane alla prima fase, e si resta eterni adolescenti, eterni fidanzatini che cercano soltanto la soddisfazione del proprio bisogno e non anche il bene altrui. Infine l’ultima sfumatura dell’amore alla quale abbiamo poco sopra accennato: l’agape. L’agape è un termine che hanno coniato i cristiani per indicare l’amore di Dio nei confronti degli uomini. Esso indica un amore gratuito e disinteressato, un amore che si dona non perché l’altro lo meriti, ma per pura misericordia. È l’amore che si è manifestato nella creazione, nell’incarnazione, e soprattutto nella redenzione. L’evangelista Giovanni ce lo descrive bene quando nel suo vangelo dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Dio ha amato talmente gli uomini da donare, per la loro salvezza, la cosa più preziosa che aveva: il proprio figlio. Quale genitore sarebbe capace di fare ciò? Dare il proprio figlio perché l’umanità sia salva? Soltanto Dio è capace di fare ciò! L’agape è anche l’amore che Cristo ha chiesto e lasciato come testamento ai suoi discepoli e quindi a tutti i cristiani: “amatevi gli uni gli altri come io vo ho amato” (cfr. Gv 15,12). Un amore, che con l’aiuto della grazia di Dio, i cristiani possono far circolare tra loro. Tanti sono gli esempi di cristiani che hanno vissuto questo amore gratuito e disinteressato, fino alle vette più alte. Cito solo tra tanti esempi, S. Massimiliano Kolbe, martire polacco capace di offrire la propria vita al posto di un papà di famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz, il 14 agosto 1941. Bene cari lettori e lettrici di cronaca e legalità, concludo – questa settimana sono stato più lungo del solito – dicendovi che se pur possiamo distinguere mentalmente queste quattro sfumature dell’amore, esso rimane una realtà unica, e le quattro dimensioni spesso e volentieri nella vita reale si intrecciano. Una cosa, però, è bene non dimenticare: che l’amore è un cammino e che esso è la cosa più importante da imparare nella vita. Scrive, infatti, San Giovanni Paolo II: «L’amore non è cosa che si impari, e tuttavia non c’è cosa che sia così necessario imparare» (Varcare la sogli della speranza, Mondadori 1994, p. 138).