Potenza Calcio: la città vive il ritorno di un fenomeno sociale per non destarsi dal sogno.

All’undicesima giornata di campionato la squadra di calcio del Potenza si ritrova ancora sorprendentemente capolista con uno stacco di ben sei punti registrando risultati esorbitanti quali quello riportato contro la squadra del Francavilla: 5 -0. “La capolista se ne va…se ne va… se ne va …” è un coro unanime e pieno di speranza quello che si alza da ogni dove nel campo sportivo Viviani, dalla coloratissima curva degli Ultrà alle tribune passando per i gradoni, durante gli ultimi secondi della partita super vittoriosa disputata in un pomeriggio ancora dalle temperature primaverili. Vuoi per il tepore climatico, vuoi per il posto dove sono capitata la mente mi ha riportato alle mitiche partite disputate nella tarda primavera del 1965 quando mio padre mi portava a vedere gli incontri della stagione rossoblù più bella, quella con Roberto Boninsegna, quando si stava scalando l’ingresso in serie A e quando in un mitico 30 maggio la città quasi dimenticò di festeggiare il suo patrono. Ingresso, poi, negato sì dalla cattiva sorte, ma indiscutibilmente da errori umani. Da allora un alternarsi di stagioni no che hanno gettato, con la loro squadra, la passione dei potentini nei meandri più bassi dei campionati di calcio italiani. Ed anche al di fuori della vita sportiva, nonostante qualche colpo di coda della squadra cittadina della pallavolo piuttosto che di quella del basket e con la sola parentesi dell’evento eccezionale dell’Anno che Verrà di Rai1 lo scorso capodanno, difficilmente qualche evento portava da decenni i potentini ad uscire di casa o dalla loro cerchia (specie la domenica pomeriggio) per riunirsi in tanti intorno ad un sogno e risvegliarsi da uno stato di abulia che ha più volte spinto a dire che fosse una città, ormai, morta senza anima e senza vita. Sembrava, oramai, che qualsiasi cosa non fosse fattibile o credibile e che nulla potesse più far intravedere una via di successo e di unione. Il risvegliarsi, quindi, da uno stato di torpore che sembrava irreversibile, con la scusa del cuore che batte rossoblù. Un fenomeno sociale che porta anche tante donne e tanti bambini ad affollare gli spalti del Viviani gridando al cielo la voglia di vincere e di rinascere. Una voglia di tornare a costruire insieme che esula dal risultato sportivo in se per se e parla di voglia di riscatto sociale ed economico in una terra così tanto baciata dalla benevolenza divina, ma forse così tanto bistrattata in termini di gestione, di sviluppo e di crescita. I potentini sono stanchi di soffrire di squallore e di delusione ed hanno, paradossalmente, un grande desiderio di tenersi ben desti all’interno di un sogno sperando non si infranga per rivelarsi un’ennesima effimera chimera con lo spegnersi di una moda e ai primi freddi del nostro clima inclemente. Insomma, un modo per dire grazie a chi sta credendo in loro, accorrendo a frotte nello stadio cittadino ogni domenica mano a mano con la voglia di vincere. In conclusione, c’è soltanto un aspetto che non mi convince in tutto questo e soprattutto qualcosa che non ha funzionato: mio padre era nato a Francavilla sul Sinni! Segno che, stavolta, la scalata al successo è iniziata ed i contrasti sono stati neutralizzati.