25 Novembre : La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

”Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.”
Alda Merini

 

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno. In Italia solo dal 2005 alcuni centri anti violenza e Case  delle donne hanno iniziato a celebrare questa giornata. Ma negli ultimi anni anche istituzioni e vari enti come Amnesty International festeggiano questa giornata attraverso iniziative politiche e culturali. Nel 2007  100.000 donne (40.000 secondo la Questura) hanno manifestato a Roma “Contro la violenza sulle donne”, senza alcun patrocinio politico. È stata la prima manifestazione su questo argomento che ha ricevuto una forte attenzione mediatica, anche per le contestazioni che si sono verificate a danno di alcuni ministri e di due deputate. Nel 2016, il 26 novembre, il movimento delle donne, organizzato intorno alla sigla Nonunadimeno  scende sulle strade di Roma in una imponente manifestazione contro la violenza alle donne con la presenza di 200.000 donne. Questa è la storia ,ma quanto ancora resta da fare se i numeri di riferimento della violenza contro le donne resta ancora a livelli di allerta si può ritenere una conquista la legge in vigore contro il femminicidio?.  fenomeno resta di enormi proporzioni e i numeri parlano chiaro: quasi sette milioni di donne hanno subìto qualche forma di abuso nel corso della loro vita. Dalle violenze domestiche allo stalking, dallo stupro all’insulto verbale, la vita femminile è costellata di violazioni della propria sfera intima e personale. Spesso un tentativo di cancellarne l’identità, di minarne profondamente l’indipendenza e la libertà di scelta.Il tragico estremo di tutto questo è rappresentato dal femminicidio, che anche se in leggero calo rispetto agli anni precedenti, dimostra di essere ancora un reato diffuso ed un problema che necessita di una risposta non solo giudiziaria, ma culturale e educativa. E proprio il femminicidio, l’uccisione di una donna con la quale si hanno legami sentimentali o sessuali, rappresenta la parte preponderante degli omicidi contro il genere femminile. Più dell’82 per cento dei delitti commessi a scapito di una donna, nel nostro paese, sono classificati come femminicidi. Un numero gigantesco: oltre quattro su cinque. Gli autori di femminicidi nella maggior parte dei casi hanno una fascia di età compresa tra i 31 e i 40 anni, seguita da quella che comprende un’età tra i 41 e i 50.Le vittime invece sono più giovani: a morire per mano dei propri compagni sono per lo più ragazze tra i 18 e i 30 anni. E’ da evidenziare come sia in crescita il fenomeno del femminicidio a scapito delle più anziane; aumentano infatti gli omicidi verso donne di età compresa tra i 71 e gli 80 anni. Nei primi 10 mesi del 2017 sono state 114 le donne vittime di omicidio volontario, un triste consuntivo che conferma l’andamento registrato nel 2016. Lo evidenzia il quarto rapporto di Eures sul femminicidio in Italia, diffuso in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra il 25 novembre. Tra il 2015 e il 2016 il numero di femminicidi in Italia è tornato ad aumentare, passando da 142 a 150 (+5,6%), soprattutto a causa di una forte crescita del fenomeno nelle regioni del Nord e del Centro. Sempre nel 2016 a livello di regioni il numero più alto di femminicidi lo si è registrato in Lombardia (25 vittime), seguita dal Veneto (17, ma in forte aumento rispetto ai 7 dell’anno precedente), terza la Campania (nonostante un calo dei casi, passati 31 a 16), e quarta l’Emilia Romagna (13). Nello scorso anno il 76,7% dei femminicidi è maturato in un contesto familiare e affettivo, con una forte connotazione negativa data da possesso e gelosia, ma anche dall’isolamento e dal disagio.La dimensione domestica della violenza sulle donne e dell’omicidio che spesso da questi atti di sopruso ne deriva, contestualizza il dato sulla nazionalità di vittime e carnefici. Nella maggioranza dei casi infatti la vittima è italiana, solo nel 22 per cento dei casi è straniera, con una larga maggioranza proveniente dall’est Europa.Lo stesso dato emerge per quanto riguarda il carnefice. Il 74,5 per cento degli assassini hanno nazionalità italiana. Nazionalità della vittima. Nazionalità dell’autore del delitto. Il rapporto che lega la vittima e il suo carnefice è nel 55,8 per cento dei casi di natura sentimentale, con una relazione in atto al momento dell’omicidio o pregressa. Il 63,8 per cento evidenzia che la vittima e l’autore sono coniugi o conviventi, il 12 per cento fidanzati e il 24 per cento aveva intrattenuto una relazione sentimentale (matrimonio o fidanzamento) terminata prima rispetto all’omicidio. Analizzando il modus operandi degli omicidi, emerge un quadro brutale e primitivo. Secondo le analisi condotte da Istat in collaborazione con il Ministero della Giustizia, si tratta di colluttazioni corpo a corpo dove l’assassino sfoga una rabbia inaudita. L’arma più utilizzata è il coltello e in più del 40 per cento dei casi le donne vengono colpite ripetutamente, quasi mai con solo due o tre colpi mortali. Nel 15,5 per cento dei casi la donna viene uccisa con oggetti di uso comune: martelli, accette, picconi, rastrelli e impiegati brutalmente fino a renderla esanime. Più tortuosa è la ricostruzione del movente: quasi sempre la causa è legata a gelosia e possessione nei confronti della vittima. Spesso, alla base dei dissidi ci sono motivi economici.In alcuni episodi l’uomo uccide la donna perché preferisce la sua morte al mantenimento della relazione o per timore dell’eventuale scoperta di adulterio. A ottobre 2013 il Senato ha approvato il decreto legge contro il femminicidio. La normativa rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. L’elemento di novità è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. La legge approvata, che rientra nel quadro della convenzione di Istanbul, si basa soprattutto sull’inasprimento delle pene e delle misure cautelari. È stato introdotto l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. La polizia giudiziaria potrà disporre l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Gli aggressori allontanati dall’abitazione familiare potranno essere controllati attraverso un braccialetto elettronico e in caso di stalking potranno essere disposte intercettazioni telefoniche. Il nuovo testo prevede l’inasprimento delle pene quando la violenza è commessa contro una persona con cui si ha una relazione, e non soltanto se si convive o si ha un vincolo (recesso o meno) di matrimonio. Le aggravanti sono previste anche quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.